Conseguenze della violazione del patto di non concorrenza post contrattuale
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- Pubblicato 26 Novembre 2015
Il patto di non concorrenza nel rapporto di agenzia trova la propria disciplina sia nelle norme del codice civile sia negli Accordi Economici Collettivi e può trovarla altresì, anche con riferimento alle conseguenze in caso di violazione, nel contratto individuale.
La prima valutazione da operare è sicuramente quella di verificare la validità ed efficacia del patto ed in seconda battuta verificare se il comportamento tenuto dall'agente sia effettivamente in violazione del suddetto accordo. Fatte le dovute considerazioni a tale riguardo, tenuto conto che l'art. 1751 bis c.c. non prevede espressamente le conseguenze della violazione del patto, troveranno applicazione i principi generali dell'ordinamento giuridico italiano.
La preponente, in caso di violazione dell'obbligo di non concorrenza da parte dell'agente, potrà esperire una domanda di risarcimento del danno (dimostrandone, secondo le regole ordinarie, la sussistenza e l'ammontare) nonché richiedere al Giudice l'ordine di cessazione dell'attività concorrenziale (azione cautelare per inibire all'agente l'esercizio di attività in favore di un concorrente). Tali richieste potranno essere invocate congiuntamente, in quanto la mandante opterà per la richiesta di risarcimento per la fase pregressa e per il rispetto degli accordi per la fase temporale successiva (per tutta la durata di validità del patto).
La giurisprudenza prevalente è orientata a quantificare il danno con riferimento al mancato utile della mandante, calcolato sulla differenza tra fatturato accertato e fatturato del periodo immediatamente anteriore, e ai costi di marketing per l'azione condotta per il recupero della clientela (non si possono però escludere a priori altre tipologie quantificazione di risarcimento del danno, di cui la mandante dia prova nel corso del giudizio).
Mentre l'AEC Commercio non si occupa delle conseguenze della violazione del patto di non concorrenza post contrattuale, l'AEC Industria (anche 2014) prevede la necessità di restituzione da parte dell'agente di quanto eventualmente percepito a titolo di indennità quale corrispettivo per il rispetto del patto medesimo nonché l'obbligo di corrispondere una penale, la cui entità non potrà essere superiore al 50% dell'indennità - ovvero all'indennità contrattualmente prevista quale corrispettivo per l'assunzione dell'obbligo di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto (si tenga presente che l'eventuale previsione di una cifra dovuta a titolo di penale escluderebbe, secondo la dottrina più accreditata, in assenza di patto contrario, la possibilità per la mandante di chiedere il risarcimento dell'ulteriore danno ove fosse superiore alla penale stabilita).
Avv. Anna Pan