Il recesso anticipato dal contratto di agenzia a tempo determinato
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- Pubblicato 05 Aprile 2018
Per sua definizione il contratto di agenzia a tempo determinato si scioglie legittimamente solo con la scadenza del termine convenuto.
Questo significa che una sua cessazione anticipata, non determinata da un concorde consenso delle parti o dall'intervento di una causa che comporti la risoluzione immediata del contratto (ex. art. 1453 c.c. e segg.), deve considerarsi illeggittima con conseguente diritto, per la parte non inadempiente, al risarcimento del danno. Con riferimento al contratto a tempo determinato, è pacifico ritenere che il contratto continua ad essere efficace fino alla scadenza. In tale caso, un recesso illegittimo, non potrà in alcun modo risolvere il contratto che, pertanto, proseguirà anche dopo l'ingiustificato recesso fino alla sua normale scadenza.
La Suprema Corte sul punto ha stabilito che "con riguardo al contratto di agenzia, ove il preponente receda illegittimamente dal rapporto ed ometta, di conseguenza, di fornire all'agente la cooperazione indispensabile per lo svolgimento della sua attività, non ne consegue la risoluzione del contratto, che deve considerarsi ancora in corso fino alla prevista scadenza, bensì ne deriva la responsabilità del preponente stesso, che è tenuto - pur in mancanza di una costituzione in mora - al risarcimento del danno in favore dell'agente" (cfr. Cass. Civ. 1990 n. 1614).
In tal caso, alla risoluzione contrattuale consegue il diritto al risarcimento dei danni nei confronti della parte inadempiente. Il danno si configura diversamente a seconda che inadempiente sia il preponente o l'agente. In caso di recesso anticipato del preponente rispetto alla scadenza, privo di giustificatezza, l'agente ha diritto al risarcimento del danno, calcolato sulla base delle provvigioni prevedibili per il periodo successivo al recesso e fino alla scadenza del termine. Tale calcolo potrebbe fare riferimento o alla media delle provvigioni in precedenza percepite dall'agente e commisurate al periodo "non lavorato", ovvero alle provvigioni effettivamente percepite da altro agente subentrato al primo.
Il primo criterio, fatto proprio sia dalla giurisprudenza di merito che di legittimità, appare più corretto perché è all'attività dell'agente, il cui rapporto si è risolto, che deve guardarsi, dato che detta attività sarebbe proseguita fino alla scadenza. Il calcolo subirà necessariamente dei correttivi in base al fatto concreto (per. es. rapporto di monomandato o plurimandato), se viene provato che tale attività, per cause òegate al mercato o particolari del preponente, avrebbe subito modifiche rispetto al passato. Nella quantificazione del danno dovrà necessariamente tenersi conto del fatto che l'agente non ha affrontato spese nel periodo non lavorato e pertanto le stesse andranno a decurtare l'ammontare del danno subito.
Qualora a recedere anticipatamente, senza giusta causa, sia l'agente, il preponente dovrà provare di aver subito un danno, rappresentato dalla diminuzione degli utili di impresa nella zona affidata all'agente (in quanto conseguenza immediata e diretta dell'inadempienza dell'agente, ex art. 1223 c.c.), e sempre che questi non sia stato tempestivamente sostituito, ovvero dalla differenza di fatturato procurato dal nuovo agente rispetto a quello che presumibilmenteavrebbe realizzato l'agente recedente. Trattasi di una valutazione estremamente delicata che non può prescindere dalle caratteristiche e particolarità di ogni singola fattispecie che impedisce di applicare un criterio di carattere generale applicabile ad ogni caso. L'agente dovrà, infine, anche rimborsare il preponente delle spese che questi ha sostenuto per beni e/o servizi usufruibili dallo stesso.