Agente o rappresentante
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- Pubblicato 03 Ottobre 2014
Art. 1752 Cod. Civ. e Accordi Economici Collettivi
Nel comune parlare i termini agente di commercio e rappresentante di commercio vengono spesso usati quali sinonimi. In realtà, dal punto di vista giuridico, le due figure si distinguono perché diventa rappresentante l'agente a cui il preponente conferisce l'incarico di concludere accordi o contratti in suo nome.
Ciò significa, e sul punto ci soccorrono per maggiore chiarezza gli Accordi Economici Collettivi, che è agente di commercio colui che è stabilmente incaricato (da uno o più preponenti) di promuovere la conclusione di contratti in una determinata zona, mentre è rappresentante di commercio colui che è stabilmente incaricato (da uno o più preponenti) di concludere contratti in nome dei medesimi in una determinata zona.
L'art. 1752 codice civile prevede espressamente che le disposizioni inerenti il rapporto di agenzia (artt. 1742-1753 c.c.) si applichino anche nella ipotesi in cui all'agente è conferita dal preponente la rappresentanza per la conclusione di contratti.
Le norme del codice civile in materia di agenzia e le norme dettate dagli Accordi Economici Collettivi quindi si applicano ad entrambe le ipotesi.
Il potere di rappresentanza di cui viene munito l'agente non ha, di regola, carattere generale, bensì speciale, tant'è che l'agente non impegna il preponente se non ne spende di volta in volta il nome e il medesimo vincola il preponente nei limiti della sua procura, potendo concludere solo i contratti da lui promossi.
Quindi, nella pratica, la differenza tra agente e rappresentante consiste nel fatto che il primo ha l'incarico di invitare i terzi a formulare proposte contrattuali mentre il secondo conclude i contratti firmandoli in nome del preponente ed essi diventano vincolanti per quest'ultimo.
La forma del conferimento di tale potere di rappresentanza può essere libera, in virtù di quanto previsto dall'art. 1392 c.c., ciò significa che la procura può essere rilasciata anche mediante comportamento concludente del preponente, sebbene in tal caso non sia agevole accertarne l'esistenza in concreto, dovendosi valutare il silenzio del preponente di fronte alla trasmissione delle copie commissioni firmate sia dal cliente che dall'agente.
La giurisprudenza è incline a disconoscere la presunzione del potere di rappresentanza, ragion per cui il relativo potere deve essere dimostrato da chi ne sostiene l'esistenza.
Ci si chiede se il rappresentante di commercio abbia il potere o il dovere di concludere affari. Un orientamento dottrinale attribuisce all'agente il potere di concludere il contratto ma non il dovere di farlo; altro orientamento, invece, partendo dal tenore letterale della norma, ritiene che il rappresentante abbia l'obbligo di concludere i contratti, ma si ritiene che tale obbligo vi sia qualora l'affare sia conveniente.
L'agente munito del potere di rappresentanza che violi l'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative può esporre il preponente alla responsabilità precontrattuale nei confronti del Cliente.
Vi sono delle ipotesi, previste dalla legge, in cui l'agente ha una rappresentanza, nei confronti del preponente, limitatamente ad alcune attribuzioni. L'art. 1745 c.c., 1° co., dispone, infatti, che eventuali reclami relativi alle inadempienze contrattuali sono validamente fatte all'agente che ha concluso l'affare; quest'ultimo può, inoltre, chiedere provvedimenti cautelari nell'interesse del preponente e presentare reclami che si rendono necessari per la conservazione dei diritti di quest'ultimo. Qualunque altro potere rappresentativo deve invece risultare dal contratto.
avv. Anna Pan