Contratto di agenzia, recenti orientamenti della Corte di Cassazione
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- Pubblicato 28 Settembre 2017
Recenti orientamenti della Corte di Cassazione in tema di forma del contratto, retribuzione, recesso e risarcimento del danno, prescrizione e decadenza, criteri differenziatori con il procacciatore d'affari.
La Suprema Corte è intervenuta nel corso del primo semestre 2017 in diversi temi aventi ad oggetto il contratto di agenzia.
In materia di forma del contratto di agenzia, con la sentenza n. 1657/2017 del 23.01.2017, la Corte torna nuovamente ad occuparsi del tema e lo fa confermando il proprio consolidato orientamento: il contratto di agenzia deve essere provato per iscritto ai sensi dell'art. 1742 c.c. 2° co., ed è inammissibile sia la prova testimoniale che quella per presunzioni. Inoltre, aggiunge la Corte "il requisito di scrittura in oggetto non può essere tratto da documentazione varia contenente non già lo scambio esplicito di un consenso negoziale, ma comunicazioni di altra natura (informazioni su trasformazioni o modifiche societarie, riepiloghi di pagamenti e di provvigioni ed estratti conto, tutti di epoca non chiarita nel corpo dei motivi, che rinviano solo al numero di produzione dei documenti)." Basandosi su tale premessa la Corte di Cassazione ha ritenuto che non abbia alcun valore giuridico distinguere tra "indizi" e "fatti concludenti", ritenuti gli uni come gli altri inidonei a tale dimostrazione.
Con una pronuncia del 30.01.2017, la n. 2288, la Corte di Cassazione si è occupata di provvigioni "indirette" sancendo che il diritto a tale compenso spetta all'agente in ogni caso di ingerenza da parte del preponente nella zona di esclusiva o di captazione di clienti riservati all'agente attraverso l'intervento sia diretto che indiretto, quali che siano le modalità della sottrazione così realizzata (nel caso di specie si trattava di esercizi commerciali affiliati alla capo gruppo che provvedevano agli ordinativi di merce tramite gli agenti della zona nella quale erano stati collocati).
Il 07.02.2017 la Suprema Corte è intervenuta con la sentenza n. 3251 sul tema del recesso ed in particolare del risarcimento del danno, così come previsto dall'art. 1751 c.c., 4° co., il quale stabilisce che l'agente oltre alla indennità di cessazione del rapporto ha diritto al risarcimento dei danni. Tale disposizione si riferisce però a danni ulteriori derivati all'agente da fatto illecito contrattuale e/o extracontrattuale (ingiuriosità del recesso, induzione ad oneri e spese in esecuzione del contratto seguiti da risoluzione del medesimo, violazione dei doveri informativi, ecc) rispetto al semplice recesso; infatti, l'esercizio della facoltà di recedere "ad nutum" dal rapporto di agenzia non può di per sé solo costituire inadempimento contrattuale della mandante essendo una esplicazione di un diritto potestativo delle parti.
In tema di decadenza e prescrizione, con particolare riguardo alla indennità di cessazione del rapporto ex art. 1751 c.c., 5° co., la Corte di Cassazione con sentenza del 14.02.2017 n. 3851, ha stabilito che l'agente deve far valere il proprio diritto indicandolo in modo inequivocabile, mediante l'indicazione del titolo posto a fondamento della tutela invocata, costituente imprescindibile elemento distintivo della pretesa medesima. Infine, in tema di criteri differenziatori, la Suprema Corte con sentenza n. 7783 del 27.03.2017, è ritornata sulla distinzione tra agente e procacciatore d'affari, stabilendo che la prestazione del primo è stabile (avendo egli l'obbligo di svolgere attività di promozione) mentre la prestazione del secondo è occasionale e dipende esclusivamente dalla iniziativa del procacciatore (nel caso concreto la Corte non ha ravvisato l'esistenza del rapporto di agenzia, non avendo la parte dimostrato l'obbligo della promozione dei contratti).
avv. Anna Pan