Rapporto di Agenzia
No al patto di non concorrenza post contrattuale
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- Pubblicato Venerdì, 05 Febbraio 2016 00:00
Come ormai noto, il patto di non concorrenza post-contrattuale è quella clausola che, se inserita in forma scritta nel contratto di agenzia stipulato tra le parti, vincola l'agente a non svolgere attività di promozione di affari per aziende in concorrenza con la mandante cessata, fino a due anni dopo la chiusura del rapporto.
Conseguenze della violazione del patto di non concorrenza post contrattuale
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- Pubblicato Giovedì, 26 Novembre 2015 00:00
Il patto di non concorrenza nel rapporto di agenzia trova la propria disciplina sia nelle norme del codice civile sia negli Accordi Economici Collettivi e può trovarla altresì, anche con riferimento alle conseguenze in caso di violazione, nel contratto individuale.
La prima valutazione da operare è sicuramente quella di verificare la validità ed efficacia del patto ed in seconda battuta verificare se il comportamento tenuto dall'agente sia effettivamente in violazione del suddetto accordo. Fatte le dovute considerazioni a tale riguardo, tenuto conto che l'art. 1751 bis c.c. non prevede espressamente le conseguenze della violazione del patto, troveranno applicazione i principi generali dell'ordinamento giuridico italiano.
La preponente, in caso di violazione dell'obbligo di non concorrenza da parte dell'agente, potrà esperire una domanda di risarcimento del danno (dimostrandone, secondo le regole ordinarie, la sussistenza e l'ammontare) nonché richiedere al Giudice l'ordine di cessazione dell'attività concorrenziale (azione cautelare per inibire all'agente l'esercizio di attività in favore di un concorrente). Tali richieste potranno essere invocate congiuntamente, in quanto la mandante opterà per la richiesta di risarcimento per la fase pregressa e per il rispetto degli accordi per la fase temporale successiva (per tutta la durata di validità del patto).
La giurisprudenza prevalente è orientata a quantificare il danno con riferimento al mancato utile della mandante, calcolato sulla differenza tra fatturato accertato e fatturato del periodo immediatamente anteriore, e ai costi di marketing per l'azione condotta per il recupero della clientela (non si possono però escludere a priori altre tipologie quantificazione di risarcimento del danno, di cui la mandante dia prova nel corso del giudizio).
Mentre l'AEC Commercio non si occupa delle conseguenze della violazione del patto di non concorrenza post contrattuale, l'AEC Industria (anche 2014) prevede la necessità di restituzione da parte dell'agente di quanto eventualmente percepito a titolo di indennità quale corrispettivo per il rispetto del patto medesimo nonché l'obbligo di corrispondere una penale, la cui entità non potrà essere superiore al 50% dell'indennità - ovvero all'indennità contrattualmente prevista quale corrispettivo per l'assunzione dell'obbligo di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto (si tenga presente che l'eventuale previsione di una cifra dovuta a titolo di penale escluderebbe, secondo la dottrina più accreditata, in assenza di patto contrario, la possibilità per la mandante di chiedere il risarcimento dell'ulteriore danno ove fosse superiore alla penale stabilita).
Avv. Anna Pan
Liquidazione della ditta mandante, cosa deve fare l'agente?
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- Pubblicato Giovedì, 03 Settembre 2015 11:09
La crisi economica che ormai perdura da diversi anni ha messo a dura prova la sopravvivenza di molte aziende, le quali, anche le più sane e meno indebitate, decidono sovente di mettere in liquidazione la società e chiudere i battenti.
In diritto, la liquidazione di una società è il processo mediante il quale una società (o parte di essa) viene portata al termine, ridistribuendo tutti gli attivi e cercando ove possibile di chiudere tutte le posizioni debitorie.
La Liquidazione Aziendale, avviene su base volontaria a causa dell'insolvenza della stessa.
Al momento della domanda al Tribunale della messa in liquidazione da parte dell'amministratore della società, il giudice nominerà un liquidatore, che può essere un amministratore dell' impresa stessa, o una persona esterna alla società, commercialista o ragioniere, nel caso si ravvedano degli illeciti amministrativi, che avranno il compito di chiudere tutte le posizioni attive e passive dell'azienda.
Cosa deve fare un agente o rappresentante per tutelare i propri interessi?
Partendo dal presupposto che la messa in liquidazione rappresenta una volontà di chiudere l'azienda, il contratto si risolve automaticamente per volontà della mandante.
Non sempre l'azienda informa l'agente della messa in liquidazione, ciò si verifica solitamente quando il liquidatore è lo stesso amministratore dell' azienda, il quale tenta, maldestramente, di non pagare tutti i debiti facendo leva sulla scarsa conoscenza delle modalità e dei diritti dell' agente.
La prima cosa da fare, non appena si ha il sentore di difficoltà dell' azienda, o di voci ricorrenti, è quella di effettuare una visura camerale, costa pochissimo, da 5 a 10 euro, ma si è certi della situazione in cui l' azienda si trova, ed è il documento dove è riportato anche il nome del liquidatore ed il suo indirizzo al quale va inviata la documentazione.
Il carteggio da inviare alla mandante in caso di messa in liquidazione è abbastanza semplice. Tramite la Pec dell' agente, alla Pec del liquidatore o dell' azienda, si invia una richiesta di pagamento contenente un elenco delle varie voci di cui si ritiene essere creditori: provvigioni non corrisposte, indennità di mancato preavviso, indennità suppletiva di clientela, indennità meritocratica, Firr non versato all' Enasarco, indennità cessazione rapporto ex art 1751 cc, ed ogni altra somma a titolo di Risarcimento dovuto a fatti illeciti dell' azienda.
E' bene in tutto ciò farsi assistere dal sindacato che effettuerà i calcoli delle varie indennità e seguirà gli sviluppi ulteriori della liquidazione.
Occorre seguire attentamente l' iter perché il liquidatore potrebbe non riconoscere gli importi richiesti, nel qual caso sarà opportuno valutare una eventuale vertenza sindacale; oppure potrebbe accadere che la liquidazione si trasformi in concordato preventivo, o concordato fallimentare, o possa addirittura sfociare nel fallimento, nel qual caso vi sono altri e più approfonditi adempimenti da fare per far valere i propri diritti.
Gianni Di Pietro
Monomandato? Si grazie, ma...
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- Pubblicato Sabato, 21 Novembre 2015 00:00
Un monomandato da 100.000 euro l'anno? Chi non lo sottoscriverebbe di questi tempi. Ma le favole sono una cosa, la realtà è un'altra: monomandatario con obbligo di visite e relazioni quotidiane, fatturato minimo e magari smartphone o pc con tracciamento gps; trattamento provvigionale che non supera la metà o un terzo della cifra ipotizzata all'inizio. Questa è la condizione che più si avvicina alla realtà.
Ma veniamo al caso che vi venga offerto il monomandato, cosa potreste chiedere? Cosa potreste inserire nel contratto d'agenzia per non cadere nella tela del ragno? In attesa che la legislazione si muova e si accorga dell'anomalia italiana, possiamo attuare un sistema di difesa a livello contrattuale (ricordate che il contratto scritto è un accordo privato fra le parti e non è un contratto di assunzione diretta). Questa è una lista di possibilità: minimo mensile o minimo provvigionale (non acconto, vi raccomando, potrebbero richiedervi il rimborso), rimborso spese, allungamento del periodo di preavviso, esclusione di relazioni scritte, si a quelle verbali (in tal modo si costringe l'azienda ad ascoltarci e si esclude l'abituale clausola risolutiva espressa, motivo assai diffuso per l'appiedamento), no a permanenza obbligata in ufficio, possibilità di trasformazione del contratto in plurimandatario nel caso in cui si verifichino alcune condizioni (livello provvigionale minimo, sensibili variazioni di zona, alcuni clienti passano alla direzione o alcuni prodotti ci vengono tolti dal mandato). Ecco questa è la parte migliore, nella quale dovete creare una serie di situazioni tali per cui la vostra figura da "dipendente mascherato" cambi in professionista delle vendite, che presta la sua attività a più aziende. La differenza è notevole.
Avrete capito che sono un agente plurimandatario, che tra l'altro non nutre simpatia per il monomandato, troppo limitativo per la professione e per la persona. Chi fa questa professione lo fa per alcune caratteristiche che lo contraddistinguono: spirito d'iniziativa, libertà d'azione, creatività, poliedricità, oltre ad essere tuttologi. Sappiamo discutere di auto, ristorazione, politica, finanza, fisco, economia, senza tralasciare la meteorologia e ...i risultati sportivi del weekend.
L'agente plurimandatario poi è un vero imprenditore, affronta l'attività analizzando ogni aspetto, ricercando l'equilibrio in ogni punto e, soprattutto, bilancia sempre tempo investito e denaro intascato. Pensate poi alla fase di contrattazione: il monomandatario deve arrivare all'ordine con le condizioni imposte dall'azienda, il plurimandatario cerca sempre invece il miglior equilibrio fra mandante e cliente ("Win, Win, tutti devono vincere in un affare...). Agli occhi del cliente il monomandatario è come se fosse un funzionario dell'azienda per cui lavora, sosterrà sempre e comunque la bontà del prodotto/servizio/prezzo come fosse il migliore. Il plurimandatario invece ha la forza anche di contrastare la propria azienda e di sollecitarne l'intervento per colmarne le lacune, magari trattando un prezzo migliore laddove il prodotto non sia all'altezza della concorrenza.
Un ultimo aspetto: la pensione. La pensione Enasarco è proporzionale ai versamenti, quindi il monomandatario è limitato fortemente. Morale della favola: fatevi assumere! E' meglio, sareste più tutelati.
Andrea Maddalena
Perdita del mandato, come tutelarsi
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- Pubblicato Mercoledì, 02 Settembre 2015 19:04
Colgo l'occasione di una consulenza con un nostro associato che, rammaricato, mi comunica di aver per la seconda volta, ricevuto la disdetta di una casa mandante per la quale, partito da zero, ha acquisito una buona clientela, regolarmente pagante, con un ottimo incremento di fatturato. Passati pochi anni la mandante ha pensato bene di disdettare l'agente per non pagare ulteriormente provvigioni e tenersi la clientela acquisita.
Si sa, è questa una vecchia storia, "niente di nuovo sotto il sole", ma come si dice "il troppo storpia". Ecco allora che l'agente davanti a queste azioni ha la necessità di tutelarsi, di trovare una sorta di clausola di salvaguardia che almeno sia a mitigare economicamente il danno causato dalla perdita del mandato.
Pur vero che gli A.E.C. offrono la tutela, ma ovviamente solo in parte, in quanto frutto della contrattazione collettiva che presume compromessi. Diversamente non sarebbero firmati dalle associazioni di categoria che rappresentano le mandanti.
Budget di vendita, inadempienza dell'agente?
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- Pubblicato Venerdì, 20 Novembre 2015 00:00
il mancato raggiungimento del budget, previsto nel contratto agenziale, potrebbe comportare la risoluzione del contratto per fatto imputabile all'agente ma affinché ciò non accada si dovrà prima verificare quale sia stata la gravità dell'inadempienza.
A seguito della pronuncia della Cassazione del 18/05/2011 si è stabilito che anche nell'ambito del contratto di agenzia l'eventuale presenza di una clausola risolutiva espressa avente ad oggetto la risoluzione del rapporto laddove l'agente non raggiunga il budget assegnato necessiti comunque di una verifica giudiziale in ordine alla gravità dell'inadempimento. Il principio espresso dalla Suprema Corte non è di poco conto. Tale principio giurisprudenziale ha così fatto venire meno la clausola risolutiva espressa anche nell'ambito del rapporto di agenzia come già nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato.
La clausola risolutiva espressa potrà ritenersi legittimamente apposta solo allorquando la stessa non venga a giustificare un recesso in tronco attuato in situazioni concrete e con modalità che non giustifichino un recesso per giusta causa. In altre parole sarà obbligo della mandante valutare caso per caso se l'omesso raggiungimento del budget sia fatto riconducibile all'inadempienza dell'agente.
E' fatto noto rinvenire nei contratti di agenzia clausole risolutive di diritto laddove venga omesso il raggiungimento di un obiettivo di vendita. Tali clausole in questo periodo di difficoltà finanziaria delle aziende sempre più spesso vengono inserite col sol fine di penalizzare l'agente. Infatti raramente il budget è stabilito a fini premiali, con il riconoscimento in caso di conseguimento di una percenuale provvigionale aggiuntiva o di una somma determinata, molto più comunemente il mancato raggiungimento del volume di affari, per espressa previsione contrattuale, costituisce inadempimento di tale gravità da non consentire la prosecuzione del rapporto, legittimando, così, l'azienda alla risoluzione del contratto con tutto quello che ne conseguirà in termini di perdita delle indennità di risoluzione e se il rapporto è un rapporto di vecchia data vi saranno effetti disastrosi per l'agente.
Utile allora sapere che, laddove la contestazione venga formalizzata solo a distanza di tempo, magari di parecchi mesi, senza che in precedenza nulla si fosse obiettato in termini di mancato raggiungimento del fatturato, si sarebbe in presenza di un atto di acquiescenza per facta concludentia ovvero il comportamento conclusivo delle parti sarebbe indice del fatto di non volersi avvalere della clausola relativa al volume d'affari. Sempre a proposito della clausola risolutiva, e prima del pronunciamento della Cassazione, il Tribunale di Bergamo ha statuito che "in tema di clausola risolutiva espressa, il giudice è ammesso a valutare la condotta in concreto tenuta dalle parti del rapporto obbligatorio, che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali, devono preservare l'una gli interessi dell'altra, ispirandosi al principio della buona fede e al divieto di abuso del diritto. Se da tale valutazione risulta che la condotta del debitore, pur realizzando sotto il profilo materiale il fatto contemplato dalla clausola risolutiva espressa, è conforme al principio della buona fede, ciò deve condurre a escludere la ricorrenza della colpa e, dunque, la sussistenza dei presupposti per dichiarare la risoluzione del contratto, dovendo essere l'inadempimento tale da comportare siffatta conseguenza almeno colpevole. Qualora, invece, sia evidente che il creditore ha manifestato la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa mediante modalità contrarie alla buona fede, tale volontà non appare meritevole di tutela da parte dell'ordinamento e non può, pertanto, spiegare i propri effetti".
Pare dunque potersi concludere nel senso che il comportamento delle parti deve sempre essere improntato al dovere di correttezza contrattuale, cui il rapporto di agenzia deve sempre ispirarsi, l'applicazione della norma di diritto e la sua astratta applicazione non possono prescindere dalla valutazione del grado di inadempimento.
Avv. Pierluigi Fadel
Persona fisica o giuridica? Rischi e criticità per gli agenti
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- Pubblicato Venerdì, 17 Luglio 2015 18:04
Sono sempre più frequenti i casi in cui l'Agente, senza la preventiva autorizzazione della preponente, decida nel corso del rapporto di lavoro, di trasformare il proprio status da persona fisica a persona giuridica.
Ciò avviene sovente con finalità economico-fiscali e senza che si abbia una effettiva consapevolezza di quali siano le conseguenze ed i rischi insiti in una simile trasformazione. In effetti, la modifica dell'agenzia, e dunque non solo l'ipotesi precedentemente annoverata ma anche un eventuale cambiamento del tipo di società o ancora l'inserimento o l'uscita di un nuovo socio dalla stessa, può avere ripercussioni anche molto gravi sulla vita lavorativa dell'agente.
Quando la preponente deroga il diritto di esclusiva
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- Pubblicato Lunedì, 02 Novembre 2015 13:35
Spesso la preponente, dopo molti anni di collaborazione, deroga il diritto di esclusiva dell'agente, con conseguente riduzione dei compensi provvigionali.
Com'è noto, il diritto di esclusiva è elemento non essenziale ma naturale del contratto di agenzia ovvero costituisce un naturale negotii che trova la sua ratio nel rapporto fiduciario che deve intercorrere necessariamente tra il preponente e l'agente.
Trattasi di un diritto bilaterale nel senso che vale sia a favore dell'agente, che non può trattare prodotti di altre ditte concorrenti alla propria mandante, che a favore della preponente che non può avvalersi della collaborazione di altri agenti nella medesima zona e per lo stesso ramo di attività ed è tenuta a corrispondere la provvigione all'agente anche nel caso in cui concluda affari direttamente.
In altre parole, l'esclusiva di zona in favore dell'agente, costituisce la contropartita dell'impegno di promozione e vendita assunto dallo stesso e gli dà la possibilità di beneficiare di tutti i frutti dell'attività svolta nella propria zona di competenza avendo diritto, altresì, alla provvigione sugli affari conclusi direttamente dalla propria preponente.
Invero, "il preponente, che, sottraendo una serie di affari all'agente con la conclusione di contratti di agenzia con altri soggetti per la medesima zona, ne leda il diritto di esclusiva, è tenuto al risarcimento del danno contrattuale. Il relativo diritto dell'agente è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, la quale (come quella quinquennale in ipotesi di illecito permanente di carattere aquiliano) decorre da quando si è esaurita la fattispecie illecita permanente, comprensiva della persistenza dell'altro rapporto di agenzia (instaurato in violazione dell'esclusiva) e del danno che ne deriva, onde la pretesa risarcitoria può riferirsi solo al danno prodottosi nel decennio precedente" (Cass. Sez. Lav., n. 5591 del 17/05/1993; Cass. Sez. 2, n. 26062 del 20/11/2013).
L'esclusiva dell'agente in favore della mandante, invece, meglio qualificata come obbligo di non concorrenza, è finalizzata a garantire al preponente che l'agente dedichi tutte le proprie energie alla commercializzazione dei propri prodotti, cosa che non potrebbe fare se fosse libero di trattare anche prodotti concorrenti.
Tuttavia, il diritto di esclusiva può essere derogato per concorde volontà dalle parti in forza di clausola espressa oppure di una tacita manifestazione di volontà, desumibile dal comportamento tenuto dalle stesse parti sia al momento della conclusione del contratto, sia durante la sua esecuzione. detta previsione pattizia altera sensibilmente il rapporto di collaborazione tra le parti.
Specificatamente, con riguardo al diritto di esclusiva a favore dell'agente, l'art. 1743 c.c. prevede espressamente che "il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività". Tale disposizione normativa mira, indubbiamente a tutelare l'agente e le sue prospettive di guadagno ma altresì l'immagine professionale acquisita dallo stesso nel corso del rapporto di lavoro, agli occhi, soprattutto, della clientela procurata e fidelizzata la quale, diversamente, si troverebbe da un giorno all'altro "spiazzata" di fronte alle visite di uno o più venditori incaricati dalla stessa casa mandante.
Il fatto che la legge consenta alla preponente la facoltà di derogare all'esclusiva, non impedisce, però, all'agente di pretendere l'apposizione di paletti a tale decisione, ad esempio, atraverso il diritto al mantenimento dell'intero pacchetto clienti acquisito nel corso del rapporto di lavoro.
Articolo proveninete da Usarci - Lanarc: Gianluca Stanzione
Il decreto ingiuntivo nelle controversie
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- Pubblicato Lunedì, 22 Giugno 2015 12:04
Molto spesso, al fine di vedere riconosciuti i propri diritti, gli agenti sono costretti a intraprendere la via giudiziaria e convenire in causa le loro mandanti.
Poiché tale percorso può presentare tempi di soluzione non brevissimi, è molto importante valutare la possibilità di seguire procedure alternative, come ad esempio il ricorso per ingiunzione. Attraverso tale procedimento l'agente può chiedere al giudice l'emissione di un decreto ingiuntivo avente per oggetto la condanna della mandante al pagamento delle provvigioni o di altre spettanze.
Il decreto ingiuntivo per il pagamento di somme può essere richiesto quando l'agente ha in mano una documentazione da cui si può desumere in modo certo l'ammontare del suo credito. Il caso più frequente è quello in cui l'agente ha ricevuto dalla mandante gli estratti conto provvigionali oppure la mandante ha formulato e inviato all'agente una quantificazione delle indennità spettanti.
In alcune ipotesi è anche possibile chiedere l'esecuzione provvisoria del decreto ai sensi dell'articolo 642 del codice di procedura civile, secondo il quale "l'esecuzione provvisoria può essere concessa dal giudice se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto fatto valere".
Il decreto ingiuntivo, oltre ad essere utilizzato per il pagamento di somme, può essere richiesto per ottenere la consegna da parte della mandante della documentazione contabile necessaria per la determinazione delle spettanze dell'agente.
Il diritto di ricevere tutte le informazioni necessarie per verificare gli importi spettanti è previsto sia dal codice civile che dagli accordi economici collettivi. L'articolo 1749 del codice civile stabilisce infatti che è un diritto irrinunciabile dell'agente ricevere tutte le informazioni necessarie per verificare l'importo delle provvigioni a lui liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili della mandante.