Rapporto di Agenzia
No alla clausola risolutiva espressa per il target di vendita
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- Pubblicato Mercoledì, 12 Luglio 2017 00:00
Purtroppo si stanno verificando con sempre maggior frequenza casi di associati che si rivolgono alle sedi Usarci per ottenere consulenza e tutela dopo aver ricevuto la lettera di disdetta per mancato raggiungimento di un determinato obiettivo di fatturato.
Personalmente sono contrario all'esistenza stessa di questo tipo di clausola risolutiva espressa che può comportare come sopra indicato la disdetta per giusta causa.
Aver ricevuto una disdetta per giusta causa significa aver compiuto un inadempimento così grave che non permette la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto.
Ora mi chiedo qual è il grave inadempimento di un agente se i clienti non hanno acquistato a sufficienza per raggiungere un determinato fatturato in una determinata zona?
Ai sensi art 1742 cc il compito dell'agente è quello di promuovere affari ma non può certo garantire alla casa mandante la conclusione degli affari promossi. Ma poi suvvia, siamo seri, oggi i fatturati aziendali sono il risultato di un insieme di fattori non certo solamente legati all'attività dell'agente. Se l'azienda consegna in ritardo e male, se l'azienda non investe in nuovi prodotti, se non c'è un nuovo campionario, se il servizio di assistenza non funziona, se manca merce al magazzino, se i prezzi sono fuori mercato, se le condizioni di vendita sono troppo rigide, se... mille altre motivazioni, è forse colpa dell'agente?
Ma poi è normale che se, per esempio, per vent'anni il budget è stato raggiunto e al ventunesimo no, la mandante possa "cacciare" l'agente con effetto immediato e senza l'indennità di clientela maturata nei ventuno anni? O addirittura se negli anni precedenti il budget non era stato raggiunto e la mandante non si è mai avvalsa di tale clausola e poi "si sveglia" e... zac...disdice il mandato avvalendosi della clausola risolutiva espressa, magari legata ad obiettivo di vendita abitudinariamente e distrattamente firmato.
L'agente di commercio vive di provvigioni che si maturano sul fatturato, è tutto suo interesse fare in modo che questo fatturato sia il maggiore possibile, pertanto il mancato raggiungimento di obiettivi di vendita è un danno anche per lo stesso agente e pensare che oltre a quel danno si possa "essere lasciati a casa " senza un euro è inaccettabile.
Il mio parere è che in genere le clausole risolutive espresse non dovrebbero essere lecite nel rapporto di agenzia, come già avviene nel contratto del lavoro dipendente o perlomeno nei confronti degli agenti sotto forma di ditta individuale, ma in ogni caso dovrebbe essere esclusa la facoltà di inserimento nel contratto di agenzia per il mancato raggiungimento dei minimi di vendita.
L'auspicio è che a livello di rinovo degli Accordi Economici Collettivi si ponga in discussione questo argomento, ma nel frattempo che fare?
Ovviamente la prima cosa è quella di non accettare questa clausola nel contratto in quanto, si ricorda, totalmente facoltativa, ma se proprio non fosse possibile si faccia almeno inserire un "elemento mitigatore" del possibile danno quale ad esempio condizionare la possibile risoluzione per giusta causa solo al mancato raggiungimento di una percentuale del target di vendita.
Un esempio:"il mancato raggiungimento del 50% del fatturato già concordato sarà a dare il diritto della preponente di risolvere il rapporto per giusta causa".
Non sarà la soluzione del problema ma almeno potrebbe limitare i casi di disdetta.
Massimo Azzolini
Documentazione in regola per tutelare i propri diritti
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- Pubblicato Venerdì, 12 Maggio 2017 00:00
La regolare tenuta della documentazione relativa al mandato è un efficiente strumento di tutela dei propri diritti. Troppo spesso nel corso dell'esecuzione di un mandato, l'azienda non ottempera alle norme regolatrici dettate dal Codice Civile e dagli Accordi Economici Collettivi.
Spesso la mancata consegna della documentazione relativa all'attività svolta dall'agente (estratti conto, etc.,) può apparire quale mera dimenticanza, o essere addebitata ad una gestione non ordinata dell'azienda. Tali mancanze possono arrecare all'agente gravi pregiudizi, nella fase in cui, terminato il rapporto, l'azienda deve liquidare le indennità dovute.
E' opportuno ricordare che il Codice Civile stabilisce espressamente che: "Il Preponente nei rapporti con l'Agente deve agire con lealtà e buona fede. Egli deve mettere a disposizione dell'Agente la documentazione necessaria relativa ai beni o servizi trattati e fornire all'agente le informazioni necessarie all'esecuzione del contratto. Il Preponente consegna all'Agente un estratto conto delle provvigioni dovute al più tardi l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale esse sono maturate. L'estratto conto indica gli elementi essenziali in base ai quali è effettuato il calcolo delle provvigioni. Entro il medesimo termine le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all'agente. L'Agente ha diritto di esigere che gki siano fornite tutte le informazioni per verificare l'importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili. E' nullo ogni patto contrario al presente articolo".
Tali disposizioni costituiscono l'applicazione di un più generale principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto che viene imposta alle mandanti. In ogni caso, il documento proveniente dalla mandante, che assume un'importanza fondamentale per l'agente, risulta essere l'estratto conto provvigionale. L'estratto conto, infatti, è lo strumento necessario, da un lato per verificare la corretta e puntuale liquidazione delle provvigioni e dall'altro per poter correttamente conteggiare le indennità di fine rapporto. Come si è detto, le mandanti sono tenute ad inviare l'estratto conto entro l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sono maturate. Detti termini, peraltro, sono improrogabili e non possono essere aumentati dalle parti in quanto dall'ultimo comma dell'art. 1749 c.c., si desume il carattere inderogabile di dette disposizioni. La norma in esame, inoltre, stabilisce che l'agente ha diritto di "esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l'importo delle provvigioni liquidate ed in particolare un estratto dei libri contabili".
Detta disposizione assume una rilevanza fondamentale, dal momento che la stessa costituisce il presupposto - in sede di contenzioso giudiziale - per richiedere al Giudice l'esibizione dei libri contabili, ove l'azienda non abbia ottemperato agli obblighi imposti. Se, come detto, le norme di legge impongono alle ditte un costante obbligo di informazione e di invio di documentazione, è di fondamentale importanza che sia l'agente, ove possibile, a pretendere il puntuale invio della predetta documentazione da parte dell'azienda.
Avv. Andrea Mortara
Il procacciatore d'affari non va iscritto all'Enasarco, ma attenzione!
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- Pubblicato Mercoledì, 27 Aprile 2016 00:00
Quali sono le differenze fra agente di commercio e procacciatore d'affari? Lo spunto per queste note nasce da una recente risposta dell'Enasarco ad una azienda che richiedeva se doveva iscrivere all'Ente un proprio procacciatore d'affari.
"...le comunichiamo che NON devono essere iscritti all'Enasarco tutti coloro che svolgono un'attività che, seppur finalizzata alla promozione-conclusione di contratti, è attuata senza i necessari requisiti di stabilità e continuità del rapporto con la Ditta e senza assunzione in proprio del rischio economico. Pertanto i procacciatori di affari NON devono essere iscritti"... ma continua l'Ente "ATTENZIONE", nel caso in cui il Vostro collaboratore svolga un'attività i cui requisiti sono riconducibili a quelli dell'Agente di Commercio (in particolar modo facendo riferimento alla stabilità dell'incarico) egli può essere considerato a tutti gli effetti un Agente. Infatti la figura del Procacciatore di Affari presume l'assoluta occasionalità della prestazione finalizzata alla promozione di affari. Pertanto anche un ridotto volume di affari, ma ripetuto nel tempo, potrebbe essere valutato in sede di accertamento come la prova dell'esistenza di fatto di un mandato di agenzia. Nell'eventualità sopraccitata sarà opportuno che lo stesso provveda ad effettuare gli adempimenti perché, in caso di visita ispettiva, è passibile dell'applicazioni delle ammende previste..."
Le caratteristiche che differenziano l'agente di commercio dal procacciatore sono la stabilità e la continuità.
Troppo spesso vediamo il ricorso a questa forma di collaborazione, senza che le mandanti tengano conto delle implicazioni di legge e senza sufficiente conoscenza dei diritti da parte degli incaricati. Già dalla risposta dell'Enasarco si deduce quali sono le caratteristiche che differenziano l'Agente di Commercio dal Procacciatore: la stabilità e la continuità.
Per definizione del Codice Civile con il contratto di agenzia, l'Agente assume stabilmente e verso retribuzione l'incarico di promuovere contratti in una zona determinata. Il procacciatore d'affari invece svolge la sua attività per la mandante in modo saltuario ed occasionale senza particolari vincoli (esclusiva, zone). Il procacciatore può essere occasionale o continuativo. Il primo svolge l'attività in via del tutto sporadica,non deve aprire una partita Iva, non tiene una contabilità fiscale e può guadagnare massimo fino a 5 mila euro l'anno. Superata questa soglia, viene considerato procacciatore d'affari continuativo e deve iscriversi al Registro Imprese, avere una partita Iva e pagare i contributi INPS.
L'Agente di Commercio si differenzia dal procacciatore, oltre che per il regime fiscale e previdenziale, soprattutto per i diritti che gli vengono riconosciuti dal Codice Civile e dagli A.E.C. Al procacciatore non spettano preavviso, indennità di fine rapporto, tutela della zona, diritto alle provvigioni indirette, contributi Enasarco ecc.
Gli agenti possono intraprendere rapporti di procacciamento con aziende, ma devono essere consapevoli che questi incarichi sono senza alcuna tutela; le imprese, per contro, dovranno tener conto delle possibili implicazioni economiche nei confronti dell'Enasarco in caso di continuità di rapporto.
Federico Rossetto
Attività di incasso, è prevista un'indennità
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- Pubblicato Martedì, 18 Aprile 2017 19:04
Tra gli obblighi dell'agente può essere incluso anche quello di incassare i pagamenti presso la clientela ed altresì quella di recuperare i crediti laddove i termini di pagamento siano ormai scaduti.
Entrambe le predette attività sono da considerarsi accessorie;infatti, l'art. 1744 c.c. si limita a prevedere la necessità di una apposita ed espressa attribuzione della facoltà di riscuotere i crediti del preponente.
La contrattazione collettiva precisa che l'attività di incasso deve essere remunerata con un compenso aggiuntivo oltre a quello direttamente collegato alla promozione della conclusione di contratti, in quanto, in assenza di ciò, il recupero degli insoluti rientra comunque nell'attività dell'agente senza necessità di un compenso ulteriore.
Nello specifico, l'AEC settore industria prevede che nell'ipotesi in cui venga conferito all'agente un apposito incarico di svolgere attività di incasso presso la clientela, con responsabilità per errore contabile, deve essere contrattualmente individuata una provvigione separata o un compenso aggiuntivo per tale attività accessoria. L'AEC settore commercio ha stabilito invece che deve essere corrisposto un compenso in forma non provvigionale. Quindi, in via generale, in mancanza di previsioni contrattuali, la semplice attività di recupero degli insoluti non può essere qualificata come attività di incasso vera e propria e non dà diritto, dunque, ad alcun compenso aggiuntivo, in assenza di un preciso conferimento dell'incarico a riscuotere, di una continuità dell'incarico e di una responsabilità per errore contabile.
Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che qualora con l'originaria stipulazione del contratto di agenzia sia stata prevista la facoltà dell'agente di riscuotere i crediti del preponente, l'esercizio di tale facoltà non dà luogo ad un autonomo rapporto e non richiede uno specifico compenso, ma si deve considerare compreso nell'opera globalmente dovuta dall'agente e remunerata con le provvigioni; qualora, invece, la facoltà e l'obbligo di esigere siano intervenute nel corso del rapporto deve ritenersi che l'attività di esazione costituisca una prestazione accessoria ulteriore rispetto all'originario contratto e richieda una propria remunerazione a termini dell'art.2225 c.c.
Se le parti non hanno provveduto a stabilire il compenso in occasione dell'attribuzione dell'incarico né in corso di rapporto, sarà il giudice che lo determinerà in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo. Nel caso in cui l'attività di incasso sia stata svolta al di fuori da qualsiasi incarico, può essere esperita unicamente l'azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c.
Centro Giuridico USARCI
Preavviso, penalizzati i monomandatari
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- Pubblicato Mercoledì, 20 Aprile 2016 00:00
Per le varie fasi di rinnovo degli Accordi Economici Collettivi ho fatto presente, purtroppo invano, l'iniquo trattamento a carico dell'agente monomandatario in caso di proprie dimissioni.
La privacy nel diritto di agenzia
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- Pubblicato Mercoledì, 01 Febbraio 2017 00:00
Sempre più di frequente i rapporti agenziali prevedono un obbligo in capo all'agente di indicare quali siano gli ulteriori e diversi rapporti agenziali con altre società preponenti in essere ivi compresi eventuali rapporti di procacciatore d'affari. La violazione di tale obbligo di regola viene considerato nel contratto agenziale un grave inadempimento dell'agente a seguito del quale il rapporto potrebbe addirittura cessare di diritto.
Ci si chiede, dunque, se tale richiesta sia normativamente consentita o se, viceversa, la stessa possa configurare una richiesta illegittima e come tale derogabile.
Il primo interrogativo che ci si deve porre per cercare di giungere ad una risposta convincente è se una siffatta richiesta non possa in qualche modo violare la normativa sulla privacy. Infatti, la disponibilità dell'agente nel rendere le informazioni richieste potrebbe confliggere con il desiderio delle altre parti (le preponeneti che verrebbero indicate) di non veder divulgati a terze persone vicende riguardanti la propria sfera aziendale e imprenditoriale.
L'agente del resto, lo prevede il codice, non può disporre del diritto della "terza preponente", diritto costituito dall'osservanza alla propria privacy laddove la stessa non lo abbia previamente autorizzato, e, pertanto, all'agente non è consentita la divulgazione di informazioni se riguardanti i nominativi di terzi soggetti. Infatti dopo avere analizzato la normativa sulla privacy si ritiene che la richiesta di indicazione degli altri soggetti con i quali l'agente intrattiene rapporti lavorativi non sia inquadrabile in nessuna delle fattispecie ivi previste nel senso che non si rinviene alcuna ragione o, comunque, disposizione per la quale sia consentita la divulgazione di dati di terze persone.
Del resto tale tipo di informativa, ovvero la conoscenza degli altri rapporti in essere, mirerebbe solo a soddisfare un'esigenza aziendalista della preponente la quale potrebbe con la conoscenza di tali evidenze avvantaggiarsene per un esclusivo e proprio interesse d'impresa e ciò a detrimento di terzi soggetti coinvolti che ben potrebbero aver diritto ed interesse a non veder pubblicizzate le proprie relazioni professionali.
Si ritiene, pertanto, che all'agente sia consentito opporre un diniego già nella fase della trattativa precontrattuale motivandone la ragione sulla base di quanto sopra espresso.
Avv. Pierluigi Fadel
Responsabilità dell'agente in caso di furto del campionario
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- Pubblicato Venerdì, 01 Aprile 2016 00:00
Gli Accordi Economici Collettivi (cosiddetti A.E.C.) sia del settore Commercio, sia del settore Industria disciplinano espressamente l'addebito del campionario.
Codice Civile, la successione nei contratti
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- Pubblicato Mercoledì, 01 Febbraio 2017 00:00
Molto spesso si fa confusione in ordine alla cessione del contratto di agenzia, altre volte succede che un agente di commercio si allarmi (giustamente) allorché venga a sapere che la propria mandante ha ceduto o affittato un ramo di azienda ad altra ditta.
Nel caso di trasferimento d'azienda, in particolare il codice civile è molto chiaro e, all'articolo 2558, prevede espressamente che l'acquirente dell'azienda - salvo patto contrario - subentri in tutti i contratti stipulati dall'alienante per l'esercizio dell'azienda, con esclusione di quei contratti che abbiano un "carattere personale". Peraltro alla suddetta previsione consegue che il cosidetto "terzo ceduto" (nel nostro caso l'agente) ha diritto di recedere dal contratto, non accettando, di fatto la cessione, qualora ricorra una giusta causa.
La giurisprudenza prevalente non ritiene applicabile al contratto di agenzia l'art. 2112 (come detto riguardante i lavoratori subordinati ritenendo unicamente applicabile la norma generale /art. 2558 c.c.). E' evidente che di questa notizia l'agente deve essere informato tanto dall'acquirente quanto dal cedente. Ma quando è configurabile il trasferimento di azienda? Il trasferimento è configurabile allorquando si concretizzi una continuità dell'azienda (a prescindere dallo strumento giuridico utilizzato) quale entità. Venendo poi alla possibilità, già evidenziata, che l'agente (terzo ceduto) avrebbe di recedere dal mandato a seguito dell'intervenuta cessione, anche in questo caso la giurisprudenza è chiara. La "giusta causa" si configura in quelle ipotesi in cui l'azienda acquirente abbia posto in essere tali e tanti mutamenti all'organizzazione aziendale da essere oggettivamente rischiosa per i diritti dell'agente (ad esempio cessione di marchi "importanti"). Ed ancora.
Altro caso attiene alle eventuali mutate condizioni personali o patrimoniali dell'acquirente che potrebbero giustificare una mancata accettazione da parte dell'agente in ordine al rischio di vedere garantito (per mancanza di requisiti di "solidità") il mantenimento dei propri diritti.
Giova però precisarsi che l'onere della prova grava sempre e comunque sull'agente il quale dovrà dimostrare (in un eventuale giudizio) che le condizioni aziendali sono mutate a suo detrimento e che, quindi, i diritti sino a quel momento maturati sono "in pericolo".
Centro Giuridico Nazionale Usarci
Sul diritto di esclusiva nel rapporto di agenzia
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- Pubblicato Martedì, 01 Marzo 2016 00:00
Il diritto di esclusiva è elemento non essenziale ma naturale del contratto di agenzia ovvero costituisce una naturale prerogativa come firma che trova la sua ratio nel rapporto fiduciario che deve intercorrere necessariamente tra il preponente e l'agente.