Certificazione, una patente di qualità
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- Pubblicato 02 Ottobre 2014
L'esperienza sul campo di un agente certificato, quando la certificazione diventa valore, un bene spendibile con le mandanti e al servizio dei clienti.
Discuto spesso con i colleghi di certificazione DT58. Due domande, in particolare, colpiscono chi, come me, ne è un fervido sostenitore: "Ma in fine a cosa serve la certificazione? Ne vale la pena?".
La risposta non è né semplice né scontata...
A mio modo di vedere la certificazione DT 58 altro non è che uno strumento di lavoro. Né più né meno di un tablet, di uno smartphone, della conoscenza di una lingua straniera.
Riguardo a questi strumenti se la domanda che ci poniamo è: "sono indispensabili per vendere" la risposta sarà con tutta probabilità "NO", ma se ci chiediamo: "possono servirmi a vendere e vendermi meglio"? La risposta sarà sicuramente "SI".
Un semplice strumento così come una conoscenza specifica sono utili, se non indispensabili, nel momento in cui sono necessari, cioè quando servono. Prima o dopo possono stare rinchiusi in un cassetto o in fondo alla memoria di ciascuno di noi, nessuno noterà la differenza.
Quindi, rispondendo alle domande sopra citate: certificarsi serve se, e quando, si fa valere la certificazione e vale la pena certificarsi nel momento in cui oltre che farla valere la si fa diventare "valore".
Gli esempi concreti di come la certificazione diventi valore sono molteplici e riguardano diversi ambiti della vita lavorativa di ciascuno di noi, in particolare nella chiusura di nuovi mandati.
Infatti, nella selezione di nuovi agenti l'essere certificati, in particolare se la selezione è fatta da mandanti estere o da mandanti nazionali esse stesse certificate, risulta essere uno skill differenziante. La certificazione viene vissuta, da parte della potenziale mandante, come una "patente" che, se da una parte nulla dice sulle tue capacità di guida (lo constatiamo giornalmente su tutte le strade), dall'altra presuppone la conoscenza di determinate competenze.
Un altro ambito nel quale il processo certificativo e il rinnovo dello stesso aiutano la nostra professione è nell'analisi e nel riesame della propria attività. Lo sviluppo di competenze che permettano una valutazione critica e oggettiva del modo di operare, della sua redditività e rischiosità garantisce a un professionista, quale l'agente è, di pianificare e programmare meglio le decisioni relative al proprio futuro (evitando, nei limiti del possibile, di doversi solo adeguare alle scelte altrui).
In sostanza, un agente può ottenere dal processo certificativo e dal suo rinnovo concreti vantaggi di crescita professionale, una crescita che non va letta, o non solamente letta, come crescita provvigionale, bensì come valorizzazione della propria figura professionale, apprendimento di nuove conoscenze o la possibilità di collaborare con mandanti più prestigiose.
In fin dei conti, escludendo il passaparola e la prima impressione, che sono valenze chiaramente soggettive, su quali evidenze oggettive si può basare una mandante per ricercare, valutare o selezionare un agente? Usando l'esempio fatto in precedenza, "sulla patente", cioè su un Ente terzo che cerfichi il possesso di determinate competenze e capacità.
Del resto, tra due persone che riteniamo egualmente capaci di guidare un'auto, con chi saliremmo più volentieri? Con chi ha la patente o con chi ne è sprovvisto?
Wadis Bonazzi
La risposta non è né semplice né scontata...
A mio modo di vedere la certificazione DT 58 altro non è che uno strumento di lavoro. Né più né meno di un tablet, di uno smartphone, della conoscenza di una lingua straniera.
Riguardo a questi strumenti se la domanda che ci poniamo è: "sono indispensabili per vendere" la risposta sarà con tutta probabilità "NO", ma se ci chiediamo: "possono servirmi a vendere e vendermi meglio"? La risposta sarà sicuramente "SI".
Un semplice strumento così come una conoscenza specifica sono utili, se non indispensabili, nel momento in cui sono necessari, cioè quando servono. Prima o dopo possono stare rinchiusi in un cassetto o in fondo alla memoria di ciascuno di noi, nessuno noterà la differenza.
Quindi, rispondendo alle domande sopra citate: certificarsi serve se, e quando, si fa valere la certificazione e vale la pena certificarsi nel momento in cui oltre che farla valere la si fa diventare "valore".
Gli esempi concreti di come la certificazione diventi valore sono molteplici e riguardano diversi ambiti della vita lavorativa di ciascuno di noi, in particolare nella chiusura di nuovi mandati.
Infatti, nella selezione di nuovi agenti l'essere certificati, in particolare se la selezione è fatta da mandanti estere o da mandanti nazionali esse stesse certificate, risulta essere uno skill differenziante. La certificazione viene vissuta, da parte della potenziale mandante, come una "patente" che, se da una parte nulla dice sulle tue capacità di guida (lo constatiamo giornalmente su tutte le strade), dall'altra presuppone la conoscenza di determinate competenze.
Un altro ambito nel quale il processo certificativo e il rinnovo dello stesso aiutano la nostra professione è nell'analisi e nel riesame della propria attività. Lo sviluppo di competenze che permettano una valutazione critica e oggettiva del modo di operare, della sua redditività e rischiosità garantisce a un professionista, quale l'agente è, di pianificare e programmare meglio le decisioni relative al proprio futuro (evitando, nei limiti del possibile, di doversi solo adeguare alle scelte altrui).
In sostanza, un agente può ottenere dal processo certificativo e dal suo rinnovo concreti vantaggi di crescita professionale, una crescita che non va letta, o non solamente letta, come crescita provvigionale, bensì come valorizzazione della propria figura professionale, apprendimento di nuove conoscenze o la possibilità di collaborare con mandanti più prestigiose.
In fin dei conti, escludendo il passaparola e la prima impressione, che sono valenze chiaramente soggettive, su quali evidenze oggettive si può basare una mandante per ricercare, valutare o selezionare un agente? Usando l'esempio fatto in precedenza, "sulla patente", cioè su un Ente terzo che cerfichi il possesso di determinate competenze e capacità.
Del resto, tra due persone che riteniamo egualmente capaci di guidare un'auto, con chi saliremmo più volentieri? Con chi ha la patente o con chi ne è sprovvisto?
Wadis Bonazzi