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Detraibilità ritenuta d'acconto anche senza certificazione del sostituto d'imposta

agenzia entratreLa Corte di Cassazione, con Sentenza del 17 luglio 2018 n. 18910, ha stabilito che le ritenute d'acconto subite possono essere scomputate anche qualora il sostituto di imposta non abbia fornito la relativa certificazione, attestante l'erogazione del compenso al netto della ritenuta. 

Il contribuente non può essere assoggettato di nuovo all'imposta solamente perché il sostituto di imposta, che ha operato la ritenuta, non voglia consenargli la relativa certificazione. 

L'inosservanza dell'obbligo del sostituto d' imposta di inviare tempestivamente la certificazione attestante le ritenute operate non toglie al contribuente sostituto il diritto di provare la reale entità della base imponibile, evitando la duplicazione di un'imposizione già scontata alla fonte (Cass. 4 agosto 1994, n. 7251, Rv. 487652).

Ancor prima, la Corte ha affermato che " il contribuente non può essere assoggettato di nuovo all'imposta solo perché chi ha operato la ritenuta non voglia consegnargli l'attestato da esibire al fisco (Cass.3 luglio 1979, n. 3725, Rv. 400153)".

Usarci Liguria

Il fisco può controllare i conti bancari

FISCO

Il fisco può controllare in qualsiasi momento il conto corrente bancario di qualunque cittadino. Il denaro versato sul conto corrente bancario di un professionista (ma anche di un privato cittadino) può essere esaminato dal fisco con lo scopo di accertare eventuali redditi non dichiarati.

Ai sensi dell'art. 32 del D.P.R. 600/1973, l'Agenzia delle Entrate, se nutre il dubbio che vi siano operazioni ritenute sospette, può richiedere alla banca "notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto o operazione effettuata" dal contribuente oggetto di controllo. In pratica, il fisco può controllare in qualsiasi momento il conto corrente bancario di qualsiasi cittadino. E secondo una recente sentenza della Corte di Cassazione (la sentenza n. 6947 del 17 marzo 2017), la riconducibilità dei versamenti effettuati dai professionisti, e più in generale, dai lavoratori autonomi sui propri conti correnti ai compensi dagli stessi percepiti è assistita dalla presunzione legale a favore del fisco. Cosa significa nello specifico? Secondo gli ermellini, la presunzione legale non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza tipici delle presunzioni semplici ed è superabile soltanto dalla prova contraria fornita dal contribuente. In altre parole il fisco può, per legge, presumere che versamenti e prelevamenti operati sui conti correnti bancari dal contribuente siano imputati a ricavi conseguiti dallo stesso contribuente nell'esercizio della propria attività professionale, se il contribuente non riesce a dimostrare l'estraneità alla produzione del reddito (o di averne tenuto conto in fase di determina della base imponibile).

Sebbene è prassi ormai consolidata aprire conti correnti bancari da adibire esclusivamente all'attività professionale (per tenere separate le operazioni "commerciali" da quelle private), non è raro trovare professionisti che utilizzino ancora il conto corrente personale, anche cointestato con il coniuge, per versare gli assegni ricevuti per i pagamenti delle proprie prestazioni professionali o per pagare i modelli F24 delle tasse. In questi casi, secondo la giurisprudenza, la suddetta presunzione legale e la conseguente inversione dell'onere della prova, si applicano non solo in caso di cointestazione del conto corrente bancario, ma anche nelle ipotesi di intestazione dei rapporti bancari a terzi che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente (salva ovviamente la prova contraria da parte dello stesso contribuente).

Se il reddito annuo del professionista oggetto di controllo non è tale da giustificare l'ammontare dei versamenti sul conto corrente, il fisco può presumere che si tratti di somme di denaro derivanti da attività svolte in nero, con la conseguente tassazione delle stesse, oltre all'applicazione di sanzioni e interessi. Come difendersi allora nel caso di presunzione di evasione fiscale mossa dal fisco? Per vincere la presunzione di evasione fiscale occorre dimostrare la provenienza legittima delle somme presenti nel conto corrente. In primis, per ogni operazione effettuata tramite conto corrente sarebbe opportuno compilare in maniera chiara la causale dell'operazione effettuata. E' opportuno poi, che le diverse causali delle operazioni relative agli incassi professionali, contengano gli estremi (numero e data) della fattura/parcella alla quale si riferiscono, e ciò anche in caso di pagamenti frazionati o acconti su fatture. 

fonte: Centro Studi CGN

  

Il cassetto fiscale: a cosa serve, come accedere e registrarsi

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Cos'è il Cassetto fiscale?

Il cassetto fiscale è uno strumento di particolare importanza che la Pubblica Amministrazione ha messo a disposizione dei cittadini per la consultazione della posizione fiscale e dei dati personali. E' uno sportello virtuale, una sorta di fascicolo informatizzato, in cui è possibile reperire le informazioni relative alle dichiarazioni fiscali. Ovviamente, il cassetto fiscale è uno strumento in continuo aggiornamento, che la PA si impegna ad arricchire con nuovi documenti e nuove informazioni, infatti già dal 2013 sono stati inseriti tutti i dati relativi alle anomalie informatiche segnalate dai titolari di Partita IVA a partire dal 2010, anno in cui l'Italia ha avviato una decisa campagna di informatizzazione della burocrazia e delle documentazioni fiscali. Sono anche state inserite tutte le informazioni relative alle anomalie che, di contro, ha riscontrato l'Agenzia delle Entrate nei documenti e nelle dichiarazioni a partire dal 2012. A tutti gli effetti, quindi, il cassetto fiscale non può essere direttamente modificato dal contribuente ma viene aggiornato automaticamente dall'Agenzia delle Entrate.

Chi può utilizzarlo

Il cassetto fiscale viene messo a disposizione di tutti i cittadini italiani residenti e non, che possono essere considerati a tutti gli effetti dei contribuenti dello Stato. La richiesta di accesso al cassetto fiscale dev'essere inoltrata presso uno sportello dell'Agenzia delle Entrate con l'esibizione di un documento che attesti l'identità del richiedente: solo previa verifica l'impiegato può fornire al richiedente i dati di accesso, che consistono in un pin e in una password univoci, strettamente personali. Può essere per l'accesso sia il Pin fisco online che quello Entratel. Qualsiasi categoria di contribuente ha diritto di ottenere l'accesso ai suoi dati, dal pensionato al titolare di partita IVA, dal lavoratore dipendente al libero professionista: non esistono differenze sostanziali per richiedere l'accesso, anche se possono variare i dati che vengono resi disponibili sulla base delle imposte e della modulistica impiegata per le dichiarazioni fiscali. Il contribuente è abituato alla sola consultazione dei dati e non può in nessun modo intervenire per chiederne la modifica o l'implemento, a seconda dei casi può effettuare dei solleciti all'Agenzia delle Entrate per chiedere l'aggiornamento.

A cosa serve

La funzione del cassetto fiscale è abbastanza chiara nelle intenzioni dell'Agenzia delle Entrate, perché dà ai contribuenti un valido strumento di controllo e verifica soprattutto in caso di contestazione della posizione fiscale da parte della Pubblica Amministrazione e di Equitalia. I documenti ivi contenuti possono essere consultati online oppure salvati offline e stampati come documenti in formato PDF per l'archiviazione. In caso di accertamento finanziario, quindi, ilcontribuente può trovare nel suo cassetto fiscale tutto quanto gli possa essere utile per giustificare la sua posizione ed, eventualmente, sanarla. 

fonte: "TASSE FISCO"

 

Manovra correttiva 2017, le novità sull'utilizzo in compensazione dei crediti

soldi

Riduzione soglia di compensazione libera dei crediti

Tra le novità più rilevanti vi è la riduzione da € 15.000 ad € 5.000 del limite oltre il quale, per utilizzare in compensazione orizzontale (cioè F24) i crediti erariali, si rende obbligatorio far apporre il visto di conformità sulla dichiarazione dalla quale essi scaturiscono. Il visto di conformità è un'attestazione che un professionista autorizzato appone alla dichiarazione, dopo aver effettuato su di essa una serie di controlli previsti da apposita normativa. Per poter apporre il visto di conformità il professionista incaricato deve essere coperto da apposita copertura assicurativa. Per questi motivi l'apposizione del visto di conformità risulta onerosa per il professionista che la effettua e di conseguenza per il contribuente cui la dichiarazione si riferisce. I crediti erariali che, se superiori ad € 5.000, per poter essere compensati hanno bisogno del visto di conformità sono quelli relativi alle seguenti imposte: - imposte dirette sui redditi (IRPEF e IRES) e relative addizionali;

-imposte sostitutive delle imposte sul reddito;

-IRAP;

-ritenute alla fonte;

-credito IVA annuale. Pertanto, qualora una dichiarazione (modello Unico, dichiarazione annuale Iva, modello 770/S, modello Irap) chiudesse con un credito (appartenente alle imposte elencate) superiori ad € 5.000, il contribuente può scegliere tra tre opzioni:

- non utilizzare il credito scaturente in compensazione orizzontale (cioè in F24), ma riportarlo nella dichiarazione dell'anno successivo (c.d. compensazione verticale): in tal caso non serve apporre il visto di conformità alla dichiarazione in quanto il presupposto per la sua apposizione è l'utilizzo che si vuole fare del credito, non l'entità del credito stesso; 

- utilizzare tale credito in compensazione orizzontale (in F24) fino ad € 4.999, e riportare l'eccedenza in compensazione verticale (cioè nella dichiarazione successiva); anche in questo caso non è necessario apporre il visto di conformità alla dichiarazione; 

- utilizzare tale credito in compensazione orizzontale: in questo caso è obbligatorio far apporre il visto di conformità da un professionista vistatore autorizzato.

Qualora si utilizzassero in compensazione crediti d'imposta superiori ad € 5.000 in assenza di visto di conformità, la parte di credito che eccede € 5.000 verrà ripresa dall'Agenzia delle Entrate (con aggiunta di sanzioni ed interessi). Chiaramente, se dalla dichiarazione scaturisce un credito inferiore ad € 5.000, esso sarà liberamente compensabile senza necessità di apposizione del visto.

Obbligo di presentazione telematica F24 con crediti

Il D.L. n. 50/2017 ha introdotto altresì l'obbligo, per soggetti titolari di partita Iva, di utilizzare i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia Entrate (Entratel o Fisconline) qualora essi vogliano compensare, per qualsiasi importo, crediti IVA (annuali o relativi a periodi inferiori) ovvero crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito, all'imposta regionale delle attività produttive e dei crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi. Ciò significa che, per tutti gli F24 che comprendano anche solo un minimo importo  nella colonna "crediti", a prescindere dal saldo finale della delega, il pagamento non potrà più essere effettuato tramite home banking dal contribuente, ma si dovrà obbligatoriamente utilizzare i servizi telematici messi a disposizionedall'Agenzia delle Entrate ("F24 web" e "F24 online") utilizzando il canale Fisconline oppure, il canale telematico "Entratel" (tramite intermediari abilitati). Pertanto, a partire dal 24.04.2017, un F24 può portare a 3 possibili situazioni:

- F24 contenente soltanto importi a debito: come avveniva precedentemente, tale F24 potrà essere versato tramite home-banking dal contribuente;

- F24 a zero, cioè contenente debiti e crediti di pari importo: come avveniva prima, tale F24 deve essere obbligatoriamente versato tramite canali telematici (Fisconline o Entratel da professionista abilitato);

-F24 contenente sia importi a debito sia importi a credito: è questa la fattispecie "colpita" dalla legge 50/2017: in tal caso infatti tale F24 potrà essere versato esclusivamente attraverso canali telematici (Fisconline o Entratel da professionista abilitato) e non più (come invece era possibile fare prima) tramite home-banking.

 

Enrico Girardi

 

Agenzia come impresa familiare

IMPRESA FAMILIARE

L'impresa familiare viene considerata nel nostro ordinamento come quel tipo di impresa in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado dell'imprenditore titolare.

 I parenti che possono partecipare all'impresa familiare sono:

- il coniuge;

- parenti entro il terzo grado (figlio, nipote, pronipote), gli ascendenti (genitore, nonno, bisavolo), i collaterali (fratello o sorella, nipote, zio);

- affini entro il secondo grado: i parenti del coniuge in linea retta discendente(figlio nipote), in linea retta ascendente (genitore e nonno), in linea collaterale (fratello e sorella).

Sono inoltre affini in linea retta discendente entro il secondo grado nuore e generi; affini entro il secondo grado i coniugi dei seguenti parenti dell'imprenditore: del figlio (genero e nuore), del genitore (quando non sia anche genitore dell'imprenditore), del fratello (cognata).

Fiscalità dell'impresa familiare

La tassazione del reddito d'impresa familiare è disciplinata dall'articolo 5 comm. 4 - 5 del DPR 917/1986, dove è espressamente stabilito che il reddito prodotto dall'impresa familiare viene imputato a ciascuno degli aventi diritto, indipendentemente dal reale conseguimento, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione degli utili. La quota di utili complessivi attribuibili ai collaboratori, non può essere superiore al 49% con la conseguenza che al titolare dell'impresa familiare la quota minima imputabile debba essere come minimo il 51%.

Costituzione di una impresa familiare

La normativa fiscale prevede che i redditi dell'impresa familiare, limitatamente al 49% dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività lavorativa nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, fermo restandoche siano rispettate le seguenti condizioni:

1)  I familiari collaboratori debbano risultare nominativamente con l'indicazione del rapporto di parentela e di affinità dell'imprenditore da atto pubblico o scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo d'imposta con sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari collaboratori.

2)  Ogni familiare partecipante all'impresa familiare attesti nella dichiarazione dei redditi di aver prestato l'attività lavorativa in modo continuativo e prevalente.

3)  L'imprenditore riporti nella sua dichiarazione l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari collaboratori con l'attestazione che tali quote sono proporzionali al lavoro effettivamente prestato. La normativa fiscale ammette l'imputazione dei redditi di impresa ai collaboratori familiari, ma non consente di procedere ad analoga imputazione nel caso in cui il risultato fiscale del periodo evidenzi una perdita. Quindi nel caso di una perdita fiscale essa rimane completamente imputabile all'imprenditore individuale.

 

Rodolfo Gilana

 

Spesometro light

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Spesometro semplificato e proroga scadenza per l'invio dati II° semestre 2017

C'è tempo fino al 6 aprile 2018 per la comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute relative al secondo semestre 2017 (la scadenza originariamente fissata al 28 febbraio, viene quindi fatta slittare di due mesi e poco più, ovvero al sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del Provvedimento pubblicato il 5 febbraio 2018 n. 29190).

Alla stessa data è fissata la scadenza per le eventuali integrazioni e per la trasmissione telematica opzionale dei dati delle fatture emesse e ricevute. Inoltre, le comunicazioni delle fatture riferite alle operazioni del 2018, anche per chi esercita l'opzione, potranno essere inviate con cadenza trimestrale o semestrale.

Con questo provvedimento si da il via allo Spesometro light, che recependo le novità introdotte dal decreto-legge n. 148 del 2017 finalizzate a semplificare il set informativo da trasmettere, illustra le regole tecniche semplificate per la trasmissione telematica dei dati delle fatture emesse e ricevute e delle eventuali successive variazioni.

Tra queste semplificazioni viene prevista la possibilità di comunicare il documento riepilogativo delle fatture di importo inferiore a 300,00 euro.

Per ogni documento riepilogativo delle fatture emesse, i dati da comunicare sono:

  • il numero e la data di registrazione del documento;
  • la partita IVA del cedente/prestatore;
  • la base imponibile;
  • l'aliquota IVA applicata all'imposta ovvero, ove l'operazione non comporti l'annotazione dell'imposta nel documento, la tipologia dell'operazione.

Per ogni documento riepilogativo delle fatture ricevute, i dati da comunicare sono:

  • il numero e la data di registrazione del documento;
  • la partita IVA del cessionario/committente;
  • la base imponibile;
  • l'aliquota IVA applicata e l'imposta ovvero, ove l'operazione non comporti l'annotazione dell'imposta nel documento, la tipologia dell'operazione.

Per consentire agli operatori un periodo di consultazione delle nuove regole e per garantire il rispetto delle norme dello Statuto del contribuente la sacadenza del 28 febbraio 2018 per la comunicazione dei dati delle fatture del secondo semestre 2017 viene spostata al 60° giorno successivo alla data di pubblicazione del provvedimento definitivo, e quindi al 6 aprile2018.

  

fonte: FISCO e TASSE

 

 

Irap. C'è autonoma organizzazione se lo stipendio non è da esecutivo

IRAP

A "smontare" i presupposti dell'imposta sono un'attività svolta soltanto con gli strumenti indispensabili e un collaboratore che svolga semplici funzioni di segreteria o simili.

L'agente di commercio deve l'Irap se impiega un familiare con mansioni e retribuzione rilevanti.

I fatti di causa - Un agente di commercio ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi a seguito dell'istanza di rimborso Irap, da lui versata per gli anni dal 2000 al 2004.

Diversamente dalla Commissione tributaria provinciale che ha respinto il ricorso del contribuente, il giudice di secondo grado, in parziale accoglimento del suo appello, ha disposto il rimborso dell'imposta versata dal 2000 al 2003, dichiarando non dovuto il rimborso per il 2004. In particolare, la Ctr è stata chiamata a verificare la presenza di elementi probatori relativi all'esistenza dei presupposti del tributo, in applicazione del principio di legittimità (Cassazione, pronunce 3682/2007 e 7734/2008) secondo il quale l'autonoma organizzazione sussiste solo se sono impiegati beni strumentali eccedenti, secondo l'id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività oppure se ci si avvale in modo non occasionale del lavoro altrui. Di conseguenza, sulla base delle dichiarazioni dei redditi del contribuente e dell'elenco dei cespiti ammortizzabili, depositati agli atti del facsicolo di primo grado, il giudice di appello ha escluso, per il periodo 2000-2003, l'autonoma organizzazione, ritenendo che i beni strumentali utilizzati non erano eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività. Si trattava, infatti, di un'autovettura, di una stampante, di un fax e di un telefono.

Per l'anno d'imposta 2004, invece, la Commissione regionale ha concluso che l'agente di commercio non aveva dimostrato come si svolgeva il rapporto di collaborazione che emergeva dal quadro RG della dichiarazione dei redditi. Non aveva chiarito, cioè, se si trattava di un intervento occasionale o continuativo, nonostante l'eseguità della spesa (circa 5mila euro).

L'agenzia ha proposto ricorso per cassazione denunciando, ex articolo 360 n. 5 cpc, l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Ctr, in pratica, non aveva preso in considerazione quanto evidenziato dall'ufficio in ordine alla presenza, nelle dichiarazioni relative agli anni 2000-2003, di quote di collaboratori familiari (27.079 euro per il 2000, 29.429 euro per il 2001, 37.563 euro per il 2002 e 21.672 euro per il 2003).

La Cassazione ha accolto il ricorso, ribadendo che, con riguardo al presupposto dell'Irap, il requisito dell'autonoma organizzazione ex art. 2 del Dlgs 446/1997, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, "...ricorre quando il contribuente , a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive".

Osservazioni

La Corte suprema ha applicato anche all'agente che utilizza un collaboratore familiare, il principio affermato alle Sezioni unite, nella sentenza 9451/2016, confermando, quindi, con alcune precisazioni, le statuizioni già espresse in precedenti pronunce. Ha ritenuto, infatti, che non è sufficiente, per configurare il requisito dell'autonoma organizzazione, che il contribuente si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, ma quest'ultimo deve superare "la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive". In particolare, dopo aver affermato l'irrilevanza, ai fini Irap, della disciplina dell'impresa familiare prevista per la determinazione del reddito d'impresa riguardo alle imposte sui redditi (imputato a ciascun familiare che abbia prestato "in modo continuo e prevalente" la sua attività) e l'equiparazione dei familiari che partecipano all'impresa ai collaboratori non occasionali (sentenza 10777/2013), la Cassazione (sentenza 1537/2014 e ordinanza 22628/2014) ha precisato che, ai fini della verifica del requisito dell'autonoma organizzazione, integrante il presupposto impositivo Irap, deve ritenersi che la collaborazione dei partecipanti all'impresa familiare integri quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare (etero-organizzazione dell'esercente l'attività).

E ancora la Corte ha affermato che, nonostante il limitato "complesso della strumentazione a disposizione", la presenza di un collaboratore familiare è di per sé sufficiente, pur se non espressamente dichiarata dal Dlgs 446/97, a configurare un'attività imprenditoriale assoggettabile a Irap (ordinanaza 12616/2016).

Nella fattispecie al suo esame, invece, la Corte ha cassato la sentenza impugnata in quanto la Commissione regionale non aveva in alcun modo preso in considerazione il fatto controverso rappresentato dalle dette "quote di collaboratori familiari". Di conseguenza, in ordine alla valutazione della presenza di lavoro non occasionale che superava la soglia dell'impiego di un collaboratore esplicante mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive, la motivazione della sentenza era insufficiente. 

Sarà il giudice del rinvio a riesaminare la fattispecie, facendo applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni unite, considerando soprattutto i corrispettivi non esigui elargiti allo stesso collaboratore che, quindi, doveva svolgere mansioni non meramente esecutive o di segreteria.

 

Romina Morrone - FiscoOggi.it

 

 

Bonifico Instant Payment

bonifico istantaneo

Dal 21 novembre, in Italia e in tutta l'Eurozona, è arrivato l' Instant Payment, un nuovo tipo di bonifico bancario che consentirà di poter effettuare pagamenti istantanei, tutti i giorni della settimana feriali e festivi, dal lunedì alla domenica, 24 ore su 24. Il bonifico sarà ricevuto dal destinatario dopo appena 10 secondi.

Ricordiamo che per ora, il bonifico istantaneo è per pagamenti fino a un massimo di 15.000 euro ad operazione, ed una volta disposti ed effettuati, non possono più essere revocati.

Quanto costa il bonifico istantaneo?

I bonifici istantanei costano più di un bonifico normale perché le banche europee e le banche italiane che offrono il servizio sono, ad oggi solo 18. In Italia l'Instant Payment viene effettuato solo da 3 banche: Unicredit, Intesa Sanpaolo e Banca Sella.

"Il prezzo del bonifico istantaneo sarà definito sulla base del valore percepito dal cliente per il servizio" . Questo significa che dal momento che non è scritto da nessuna parte che non si devono far pagare le commissioni ai beneficiari, il prezzo del bonifico istantaneo è in funzione dell'importo ricevuto dal cliente.

 

 

 

 

 

Dichiarazione dei redditi

espertorisponde3Se un' Azienda versa i contributi ENASARCO ma non me li certifica?

Se un' Azienda non me li certifica perché non me li ha pagati (purtroppo ne ho una che non ha versato né contributi né Firr)?

Se un' Azienda non mi invia la Certificazione Unica?

1) se manca la certificazione dei contributi Enasarco, ma questi sono stati versati, è comunque possibile dedurre tali contributi in sede di Unico producendo un'autocertificazione e provando il versamento dei contributi Enasarco tramite la stampa della propria posizione contributiva dal sito Enasarco;

2) se i contributi NON sono stati versati dalla ditta, NON sono deducibili in sede di Unico;

3) se la ditta non invia la CU per certificare le ritenute d'acconto, è comunque possibile fare un'autocertificazione allegando alla stessa:

- copia fattura/e per la/e quale/i non è stata certificata la ritenuta;

- copia di un estratto del c/c bancario dal quale si evinca l'incasso della fattura al valore netto indicato in fattura.

Massimo Azzolini