Perdite sui crediti in caso di fallimento, riflessi fiscali per il creditore
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- Pubblicato 12 Novembre 2014
Nell''attuale fase di congiuntura economica negativa che interessa il Paese, è frequente che le imprese incorrano in una crisi di liquidità ed economica che non consente di generare le risorse finanziarie necessarie per far fronte al pagamento dei relativi debiti.
In tali situazioni è possibile il ricorso agli istituti previsti dalla Legge Fallimentare (RD n. 267/1942), ovvero:
- alla procedura di concordato preventivo, o
- all'accordo di ristrutturazione dei debiti,
al fine di evitare la dichiarazione di fallimento.
Con tali istituti il debitore si accorda con i creditori affinché rinuncino ad una frazione degli stessi. In merito alla tipologia di accordo cui possono pervenire il debitore ed il creditore, la norma non dispone alcunché e pertanto lo stesso può consistere, ad esempio:
- nella modifica dei termini di pagamento;
- nel trasferimento dal debitore al creditore di un'attività ad estinzione parziale del debito;
- nell'estinzione del debito.
In particolare, nell'ipotesi in cui l'accordo sia diretto all'estinzione (totale o parziale) del debito, lo stesso produce in capo al creditore gli effetti fiscali di seguito esaminati.
TRATTAMENTO AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE
In caso di accordo si genera, nei confronti del creditore, una perdita su crediti.
In merito al relativo trattamento fiscale, va considerato che, ai sensi dell'art. 101, comma 5, TUIR, le perdite su crediti sono deducibili, se:
- risultano da elementi certi e precisi e sono definitive. Per effetto della modifica introdotta dall'art. 33, comma 5, DL n. 83/2012, gli elementi certi e precisi sussistono:
- in ogni caso se il credito è di modesta entità, ossia di importo non superiore a € 2.500 (€ 5.000 per le imprese di più rilevante dimensione ex art. 27, comma 10, DL n. 185/2008) ed è decorso un periodo di 6 mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso;
- quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto;
- in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali (fallimento e concordato preventivo) ovvero, a seguito della modifica apportata al citato comma 5 dell'art. 101 dal DL n. 83/2012 , se lo stesso ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti, a condizione che sia omologato.
A tal fine il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
TRATTAMENTO AI FINI IVA
Ai fini IVA l'art. 26, DPR n. 633/72 prevede la possibilità per il creditore di emettere una nota di credito al fine di recuperare l'imposta relativa a fatture emesse e non pagate dal cliente insolvente e, in particolare, "in caso di mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose".
In caso di fallimento e di concordato preventivo è sicuramente presente il presupposto normativo che condiziona la possibilità di emettere la nota di accredito. Il problema si sposta piuttosto sul momento dell'emissione della nota di accredito: quando è possibile, cioè, emettere la nota di accredito? L'agenzia delle Entrate, con la circolare 77/E/2000, ha segnalato che non è possibile emettere la nota di variazione al momento dell'avvio della procedura, ma solo quando si manifesta la condizione di infruttuosità, ovvero, in pratica, la certezza del mancato incasso. Ma qual è il momento in cui la procedura concorsuale raggiunge l'infruttuosità? La circolare ha chiarito che l'infruttuosità si verifica, per il fallimento, alla data in cui il piano di riparto diviene esecutivo per mancata opposizione dei creditori; mentre, per il concordato preventivo, l'infruttuosità si verifica alla data della sua omologazione e va valutata solo in relazione ai creditori chirografari che vedono falcidiato in tutto o in parte il credito.
Per le procedure concorsuali tradizionali (fallimento e concordato preventivo), la stessa circolare ha chiarito inoltre che non può usufruire del "beneficio" dell'emissione della nota di accredito il creditore che non partecipa alla procedura.
TRATTAMENTO AI FINI IRAP
Per il creditore assoggettato all'Irap (l'agente dotato del requisito della autonoma organizzazione indispensabile per l'assoggettamento al tributo) la perdita su crediti non è deducibile.
Marco Vantini